Teatro Verdi
Cronache friulane ovvero “Abbandona l’Io e abbraccia l’Universo”
Racconto a quattro mani – prima parte
11 maggio 2007
La sveglia di buon mattino, l’aria frizzantina, il giorno che si risveglia, il desiderio di mettersi in auto, godere del viaggio lungo mezza Italia, osservare il continuo mutare dei panorami attraversati, scrutare il cielo, i papaveri che colorano di rosso acceso i campi verdi, come nei quadri di Monet…
Partiamo alle 7, Flavio ed io. Mi metto al volante… felice…La radio diffonde musica un po’ noiosa, e tra un brano e l’altro ci giungono notizie sul traffico in autostrada… al momento tutto tranquillo.
Una prima sosta per fare colazione… e all’uscita dall’autogrill sistemo bene il regalo per Carla e prendo il biglietto vuoto da scriverle durante il viaggio… poche, intense parole per dirle grazie…
e poi via per una lunga tirata fino alla prossima tappa… Maniago, in provincia di Pordenone. Ma… ecco il primo intoppo in arrivo… come sperare che per una volta vada tutto liscio quando si parte per un concerto? Notizie di un veicolo in fiamme in un tratto di strada di fronte a noi ci fanno decidere di uscire al primo casello per aggirare l’ostacolo… si parla già di un chilometro di coda… Prendiamo una strada provinciale che sale e scende lungo le colline umbre, attraversando piccole frazioni e ampi boschi; pensiamo “abbiamo proprio visto giusto!” Avete presente le ultime parole famose? Ecco, proprio quelle! Poco dopo aver imboccato questa strada, dove non è possibile sorpassare, ci troviamo di fronte un mezzo pesante che sembra arrancare a 20 km orari… e noi dietro… ancora un po’ e cominciamo a vedere una colonna di mezzi pesanti nel senso opposto che tentano di percorrere quella che per loro è una mulattiera. Cominciamo a temere seriamente di non arrivare in tempo! Se per caso uno di questi mezzi si ribaltasse o restasse bloccato in mezzo alla strada saremmo davvero spacciati, senza possibilità di uscirne in tempi brevi. Procediamo a passo d’uomo, gli autotreni devono fermarsi a turno per lasciar passare gli altri, soprattutto in curva. Roberto, affezionatissima voce maschile del TomTom che ho assunto con contratto a progetto come mio fidanzato ufficiale (non rompe, è fedele e soprattutto trova sempre la strada) è zelante come un soldatino di piombo… continua a ripetere “tornate indietro quando potete, poi prendete l’autostrada”. Grazie del martellante consiglio, ma se prendo l’autostrada al concerto non ci arriviamo più! I minuti scorrono e abbiamo percorso appena un paio di chilometri dei 18 previsti passando dalla strada alternativa… Qui sotto due immagini che rendono l’idea dell’imbottigliamento sulla “strada alternativa”:
A questo punto il camion che ci precede sembra farci una gentilezza, si accosta, mette la freccia a destra… pensiamo ci lasci passare… e no! No no no!
Mentre tento il sorpasso (sempre a passo d’uomo) da lontano sbuca la figura di un carabiniere dotato di paletta che energicamente ed insistentemente mi fa segno di rientrare in corsia. Il motore si spegne, il carabiniere, lo vedo anche se è lontano, comincia a innervosirsi pensando che io non abbia capito… Riaccendo il motore e mi rimetto in fila, ma nel frattempo l’uomo è giunto fino a noi e con piglio deciso e accento vagamente calabrese “Signorina! Lei ha qualche problema di salute per caso?” E io: “No, no, non avevamo visto che stava fermando il traffico per agevolare il passaggio degli altri”.
“No, perché se ha qualche problema, lo troviamo il modo di superare tutti e portarla in ospedale, se serve si fa tutto…”. Io comincio a spazientirmi, come si evince dal mio tono di voce, nonché a fare scongiuri anti-sfiga. Per fortuna Flavio, con la sua calma serafica, azzarda un sorriso e un occhio mortificato che rabboniscono l’uomo in divisa.
Non so quanto abbiamo impiegato per fare i restanti 16 km della stradina… Comunque sia, dopo un tempo che sembra interminabile, ci rimettiamo in viaggio sull’autostrada e di buon passo (rispettando i limiti e le centinaia di autovelox) manteniamo la giusta velocità che ci porta verso il nord in tempi un po’ più lunghi del previsto, ma comunque largamente in anticipo per il concerto.
Lungo il viaggio ci accompagna un sole splendente, dall’Umbria alla Toscana, alla Romagna, poi in Veneto e quindi in Friuli, un bel sole estivo e caldo dappertutto…
Mentre ci avviciniamo a Maniago, seguendo le indicazioni del fedele Roberto, nuvole minacciose si affollano sulle montagne ai piedi delle quali sorge il paese, tutt’intorno ancora sole a picco…
Effettivamente giunti a Maniago il cielo è scuro sopra di noi, solo in lontananza un po’ di chiarore sembra farci sperare.
Decidiamo di sederci al bar di fronte al teatro dove viviamo uno dei molti momenti magici di questo meraviglioso week end. Carla è seduta ad un tavolo all’aperto. Ci saluta sorridente, poi le consegno il mio regalo. Flavio ed io andiamo a sederci all’interno del bar. Poco dopo Carla si alza, entra nel bar per ringraziarmi… si ferma a parlare con noi e anche Flavio le consegna il suo regalo. Un incontro lungo, delicato, intenso, parole che scorrono senza fermarsi, semplici discorsi fra amici…
Carla infine ci saluta e torna al suo tavolo, io bevo la mia acqua tonica e Flavio il suo cappuccino ormai tiepido. Già da un po’ ero in subbuglio… emozionata e felice per la serata che mi aspettava…ora sono definitivamente persa, tant’è che Flavio continua a parlarmi senza aver risposte sensate, anzi, senza avere proprio risposte…
Facciamo un giretto per Maniago, il centro è carino, il tempo è nero, c’è una bella piazza con al centro una fontana a cui dedichiamo diversi scatti…
prima che un fragoroso temporale ci costringa a ripararci sotto i portoni lungo i marciapiedi… Mentre io mi fermo per l’ennesima telefonata, Flavio si fa una cultura sulla famosa coltelleria di Maniago osservando una fornitissima vetrina dove luccicano vari tipi di coltelli, spade e pugnali da far invidia al “vecchio” Rambo.
Sono quasi le 20 quando smette di piovere. Ci rifugiamo ancora nel bar e di lì a poco ci raggiunge Maria Teresa con due amiche, poi Maria anche lei in compagnia di due amiche…
Finalmente entriamo in teatro…
… e lo spettacolo inizia… |
Apre Zaira Zigante: un abito nero, semplicissimo, stile sobrio ed una tenerezza forse suscitata dal pancione evidente; non la conoscevamo, ci lascia sensazioni positive, la voce è gradevole e ci piace il suo modo di interpretare le canzoni. Poi arriva Zoran Predin, con la sua musica tipicamente slovena, molto movimentata anche se abbastanza monotematica in fatto di argomenti trattati, tutti a sfondo… sentimental-sessuale, per così dire…. Ma finalmente arriva il momento di Carla, vestita di bianco, con la classe che la distingue da sempre ci presenta uno dopo l’altro i brani selezionati per questo mini concerto. Nuove vesti avvolgono i brani che ormai, per parafrasare Carla, sono nelle nostre cellule. Gli archi introducono Febbraio e con la voce entra anche l’arpa, poi la tromba si eleva piano dal tessuto orchestrale… Segue Non insegnate ai bambini, sempre delicata come una filastrocca. Il terzo brano, durante la presentazione del quale un “simpatico” signore intona “vivere vivere vivere non è più vivere…”, è I treni di Tozeur, ancora l’arpa sostiene la struttura coi suoi arpeggi ripetuti e il brano scivola via lieve e delicato come non mai. Come un sussurro si apre E’ stato molto bello dove si intrecciano i suoni degli archi, della fisarmonica, dell’arpa e poi dei fiati, fino al crescendo delle percussioni e della voce di Carla, capace di passare dalle sfumature più lievi a quelle più energiche richieste dall’interpretazione di questo brano. Meravigliosa… valeva la pena venire fin qui solo per sentire questo pezzo suonato con l’orchestra… un’emozione intraducibile… Prima di Anin a gris il solito “simpatico” signore di prima torna a declamare qualcosa… colgo solo un sussurro di Maria che sibila “uccidetelo!” E’ una versione ancora più dolce, forse con più pathos, quella che ascoltiamo per la prima volta. Flavio si perde nel suono del violoncello (sarà che ha un debole per il suo suono…) che discorre con il primo violino. Ecco l’arpeggio di Prospettiva Newski, stavolta non è il pianoforte a eseguirlo ma l’arpa, la seconda strofa si apre con l’accompagnamento delle percussioni poi l’armonia si riempie degli altri strumenti. Anche questo brano trova nell’esecuzione orchestrale una dimensione più consona alle sue potenzialità, o forse sarà che da tanto tempo siamo abituati ad ascoltarla con l’accompagnamento del solo pianoforte. Il concerto di Carla si chiude con Per Elisa, incipit dei fiati, ingresso delle percussioni energiche e insistenti di un poderoso strumentista e poi i violini, la tromba e… lei…Carla… La serata finisce, lasciandoci ancora un po’ affamati di musica e parole… In realtà la nostra serata si concluderà più tardi, in un ristorante, dove arriveranno anche Carla e il suo staff. Infine il ritorno a casa di Maria, un centinaio di chilometri, un bicchierino di limoncello e finalmente a nanna dopo una lunghissima e meravigliosa giornata, preludio di altri momenti magici legati a Carla e alla sua splendida Musica.
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